Silvia Floris - Cagliari.

Viaggiare per l’Africa significa sentire almeno una volta le espressioni no problem, sans problème o hakuna matata come risposta ad una domanda, la Sierra Leone non è immune da questo fenomeno.

Letteralmente significa “non ci sono problemi, va bene” in pratica è un azzeramento del problema attraverso la sua negazione. Una filosofia di vita.
In effetti se gli Africani dovessero considerare “problemi reali” la massa indistinta di casini materiali che li sovrasta sarebbero tutti depressi.
Ma questo non succede, anzi.
La filosofia del no problem è una pratica zen, un take it easy che respira con lo stesso ritmo delle flessuose camminate femminili sotto il sole pomeridiano.
Siamo a Transmitter, in località Kirma, qui c’è un centro ristrutturato dall’associazione Lovebridges, che ha ospitato diversi progetti di inclusione professionale. Il capo della sicurezza si chiama Idrissa. Stiamo andando a Makeni, nel Nord e nel frattempo ci fermiamo a salutare i ragazzi che lavorano li.
Alla domanda: Idrissa cosa vi portiamo per pranzo?
Lui risponde: Something to drink it’s not a problem.
La negazione del problema diventa un’affermazione, di vita e di birra.
Qualche giorno prima ci troviamo a Bureh Beach, un posto incantevole a circa 50 Km da Freetown.
Oceano Atlantico, spiaggia ambrata, palme e un infinito senso di pace, tutto condensato in questa piccola località.
Siamo in una guest house poco lontana dal mare e facciamo colazione in terrazza: frittatina con uova, pane e tea, uno stile fusion ma ottimo per iniziare la giornata.
Arriva a farci visita un vecchio amico dell’Associazione, Sir Alie D. Kamara, Resident Minister delle Province del Nord, con lui la moglie Mamie, in tenuta sportiva, capelli lunghi mielati e jeans, praticamente una ragazzina.
Siamo tutti in piedi ma il Ministro è un tipo veramente easy, ci saluta e ci annuncia che qualche giorno dopo avremo un incontro con il Presidente della Repubblica.
Cosa???
Si avete capito bene!
Cosa fai, vai in Sierra Leone e non incontri il presidente della Reppublica?
In realtà uno degli ospiti con cui viaggiamo lo deve incontrare per affari personali, ma dato che siamo tutti insieme cogliamo l’occasione per andare in delegazione.
Tutto molto divertente e un po’ surreale, ma dopo pochi secondi io e la mia amica Claudia ci guardiamo in faccia e pensiamo la stessa cosa.
Non abbiamo abiti. Ci sarà un dress code, di sicuro.
Giusto per non sbagliare chiediamo a Mamie.
Io: Mamie ciao ehm senti, la visita del Presidente.. che meraviglia, ma sai abbiamo degli abitini neri sopra il ginocchio, potrebbero andare?
Mami: no, niente sopra il ginocchio né pantaloni, ma se non avete abiti verrete a casa mia e vi sistemo per bene!
Scatta la filosofia del no problem e dopo mezz’ora siamo nella macchina del Ministro, con lui, sua moglie, l’autista e la guardia armata alla volta della capitale Freetown.
Salutiamo col pensiero il tramonto di Bureh Beach e procediamo con una missione da compiere: trovare quegli abiti e farlo in giornata! ^_^
Arriviamo intorno all’ora di pranzo, scendiamo dalla macchina e Mamie ci mostra la casa. Poi ci fa accomodare in salotto, piazza un bel film di guerra ambientato nell’antica Roma e ci mette uno yogurt ghiacciato in mano. Si sposta nella sua camera per fare uno screening preliminare.
Quindi, sono in Sierra Leone da 5 giorni e in questo momento sto facendo gocciolare lo yogurt nel tappeto di un Ministro in attesa che sua moglie mi vesta da capo a piedi.
No problem.
Mamie torna e ci chiede di seguirla, la sua stanza è grande come una palestra e su un lato si apre la cabina armadio. Ha già scelto gli abiti, ce li propone chiedendo di indossarli.
Il mio è fucsia appassito con scollo a V e bottoni gioiello a fermare gli strass che partono dalle spalle.
Quello di Claudia un Made in Italy multicolor, ancora più lungo con una fantasia alla Missoni leggermente alterata dai colori fluo.
Non vanno bene, troppo largo il mio, troppo stretto il suo. Facciamo scambio. Bastava questo. Siamo perfette.
Mamie ci mostra i tacchi intimando di accettare con un sorriso materno.
Troviamo i tacchi. Intorno a noi uno svolazzare di prodotti per il corpo, parrucche, accessori e un trentina di borse. Il paradiso delle Ladies.
Mamie è talmente carina che non sappiamo come ringraziarla.
Risolta la questione abiti arriva quella cibo: “vi piace il piccante”?
Oh my Goodness! Si Mamie, fai come se fossimo a casa tua.
E fummo servite.
Un piatto di cous cous (a testa) da 250 gr. con verdure, pollo e manzo.
Segni particolari: carne delicatissima che si stacca dall’osso chetelodicoafà, verdure ancora croccantine, semola fatta in casa e una carriola di pepperwater, un peperoncino piccantissimo che non appartiene alla famiglia delle Polygonaceae ma che in Sierra Leonechiamano così.
Una vera libidine.
Si fa una certa, nessuna delle due ha chiesto come saremo tornate a casa, a Lokomasama, così per pudore.
COME ON! Arriva l’autista tra 20 minuti e voi da brave bambine salirete in macchina.
Andiamo via con le nostre bustine preziose, l’animo colmo di riconoscenza, la lingua in fiamma e una strana sensazione, come di qualcuno che ha appena vissuto un momento unico e improbabile.
Cioè.
Voglio dire.
No problem.

da: Flowerstories - Storie di viaggi e racconti golosi 

 

         

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