Stefania Lobina – Carbonia. 

Siamo a Lungi, cala la sera, prima che il buio ci colga impreparati, insieme al gruppo di volontari cominciamo a ripristinare il materiale usato durante le visite.

Abbiamo allestito un piccolo ambulatorio nella sacrestia della parrocchia che ci ha consentito di valutare e assistere circa 150 persone tra adulti e bambini. La giornata sembrava giunta al termine quando, all’imbrunire si presenta un giovane che zoppicava, mi sono avvicinata per valutare il suo problema e ho osservato una vasta lesione lungo la gamba sinistra.

Obiettivamente si evidenziava un ispessimento bluastro che ricopriva la lesione che dal bicipite femorale si estendeva fino alla caviglia. Immediatamente abbiamo portato all’esterno dell’ambulatorio un tavolo che avrebbe sostituito il lettino da visita, per usufruire degli ultimi istanti di luce.

Ho invitato il ragazzo a sdraiarsi prono e ho iniziato con la detersione della ferita, con non poche difficoltà ho rimosso il primo strato bluastro, scoprendo che era un disinfettante locale usato dagli africani per proteggere e disinfettare le ferite, ho proceduto con una medicazione di connettivina pomata coperta da garze sterili e un bendaggio di protezione e sicurezza da ripetere quotidianamente.

Il giovane si chiama Hassan, ha 23 anni e soffre di frequenti crisi epilettiche, circa tre la settimana, la sua storia è sconvolgente; ci racconta che uno stregone con l’intento di liberarlo da qualche forma maligna, che si era impossessata del suo corpo, gli ha dato fuoco provocando la vasta lesione. Scopriamo inoltre non essere il primo tentativo, il ragazzo ci mostra le mani deturpate da cicatrici, anche sul resto del corpo si evidenziano una moltitudine di cicatrici, alcune causate dalle continue cadute durante le crisi, altre procurate dallo stregone nel tentativo di guarirlo.

Sento una profonda tristezza e dispiacere per la sofferenza che accompagna Hassan da quando era bambino, decido di aiutarlo impegnandomi prima nella cura e medicazione della sua gamba e al ritorno in Italia nella ricerca di una soluzione per la patologia di base. Il due dicembre parto e affido le ultime medicazioni a Philip, un ragazzo africano precedentemente addestrato, la ferita è quasi guarita però necessita di altri trattamenti. Al mio arrivo in Italia richiedo subito la consulenza di alcuni neurologi che non mi danno molte speranze infatti sostengono che è molto difficile trovare un farmaco e un dosaggio ideale per un caso di epilessia anche nei nostri centri.

Pur considerando le difficoltà insisto perché venga fatto almeno un tentativo, così riesco a ottenere una prescrizione farmacologica e uno schema terapeutico, da un angelo di neurologa, donna eccezionale e sensibile. Il 4 gennaio sono nuovamente a Lungi, felice di poter aiutare Hassan e quanti avranno bisogno. La ferita è peggiorata, la ritrovo coperta da uno spesso strato bluastro, cominciamo subito con una serie di medicazioni giornaliere che porteranno questa volta alla totale guarigione.

L’evento più importante è che abbiamo un farmaco anti-epilettico, iniziamo subito la somministrazione seguendo le indicazioni terapeutiche della neurologa. Prima settimana nessuna crisi, seconda settimana un episodio di assenza, aumentiamo il dosaggio seguendo lo schema terapeutico predefinito, troviamo così un equilibrio; sono passati tre mesi e Hassan non ha più crisi epilettiche. La neurologa pensa sia un caso raro, eccezionale e molto fortunato, non capita di frequente di stabilizzare l’utente al primo tentativo farmacologico così come è avvenuto per Hassan.

Noi volontari siamo molto felici e vedere la gioia infinita di questo giovane ci colma il cuore e arricchisce le nostre anime. L’Africa un mondo diverso, affascinante e contraddittorio allo stesso tempo.

Terra ricca di risorse, terra devastata da una guerra civile infinita durata 12 lungi anni, terra abbandonata a se stessa che vede tutt’oggi gli esseri umani che la abitano morire di fame e stenti. Luogo dove i bisogni primari non vengono soddisfatti, dove mancano i servizi e le strutture. Un popolo che ci tende una mano e noi spesso guardiamo e non ci rendiamo conto che

tutto questo ci appartiene, sono i nostri fratelli che ci chiedono aiuto,

come noi qualche secolo fa abbiamo avuto bisogno di aiuto per evolverci e trovare il benessere attuale. La ruota gira e oggi è il nostro momento per allungare una mano e stringere la loro, aiutandoli e sostenendoli. Siamo un piccolo gruppo di volontari in crescita, abbiamo bisogno del supporto di quanti sentiranno nel cuore il desiderio di contribuire a questo prezioso progetto di rinascita.

Una piccola goccia versata in un oceano di disperazione, una goccia di speranza, una goccia d’amore, una goccia che con l’energia e la forza dell’unione può diventare un oceano.

Chiudo gli occhi e i bambini si susseguono, le immagini scorrono coi loro nomi e sento le loro fragili voci. I loro corpicini, i loro sorrisi… è tutto per loro.. i nostri bambini africani!

Racconto tratto dal libro Opotho, volontari in Sierra Leone

 

         

Associazione Love Bridges Onlus 
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